Da Nando Orfei al circo-teatro
Il focus, qui presentato, si inserisce nel più ampio progetto dal titolo Heritage, da Nando Orfei al Circo-Teatro, il quale trova il suo nucleo principale nell’omonima pubblicazione edita dalla casa editrice Equilibrando, che racconta la figura di questo celebre artista attraverso un percorso memoriale e cronachistico.
Prendendo avvio da questo lavoro editoriale, sono stati scelti alcuni tra i più significativi avvenimenti e ricordi che hanno contraddistinto la carriera di Nando Orfei.
Le diverse sezioni si focalizzano su diversi macro argomenti, come le produzioni che dagli anni’ 70 furono firmate dai tre fratelli Liana, Nando e Rinaldo Orfei, fino ai più significativi complessi che Nando diresse insieme alla moglie Anita e ai figli Paride, Ambra e Gioia. Tra i temi affrontati vi è il ruolo fondamentale che la famiglia ha avuto nella storia di questo grande personaggio ed artista, e gli eventi pubblici che
ne hanno da sempre caratterizzato lo spirito conviviale e mondano.
Nando Orfei, all’anagrafe Ferdinando come il nonno paterno, è stato conosciuto dal
grande pubblico principalmente come domatore di belve, tanto che per la sua
celebrità, anche mediatica, è stato definito “il domatore della televisione”.
Tuttavia è da sottolineare che prima di questa carriera “in gabbia”, Nando fu un
abile e fantasioso giocoliere, alla maniera di Rastelli, disciplina che praticò dalla fine
degli anni ‘50. In un programma del circo Liana e Nando Orfei, che diresse insieme
alla sorella dal 1957 al 1960, viene menzionato come “principe dei giocolieri”
insieme alla sua graziosa partner Anny (Anita Gambarutti, sua futura moglie).
Per tutti gli anni ‘60 nei programmi dei circhi di famiglia e nelle cronache, Nando
compare sempre come giocoliere. Una fotografia in pista lo ritrae impegnato in un
numero di estrema difficoltà, mentre giocola con i cerchi, tiene in equilibrio attrezzi
sulla fronte e rotea un cerchio con la caviglia, saltando contemporaneamente la
corda tenuta da Anita e Rinaldo.
Di queste esibizioni purtroppo rimangano pochissime testimonianze, e passarono
silenziosamente alle cronache. Preziose fotografie conservate nell’archivio della
famiglia ci permettono fortunatamente di apprezzarne le abilità e i repertori.
“Avevo solo pochi mesi di vita quando mio padre mi regalò un cucciolo di tigre –raccontava Nando - siamo praticamente cresciuti assieme. Ho sempre avuto un rapporto speciale con gli animali. Ho avuto una tigre, che si chiamava Teret, che portavo dappertutto, la tenevo al guinzaglio come se fosse un cane tranquillo e fedele. Con me si comportava come una mamma affettuosa, mi avrà salvato la vita cinque o sei volte, i maschi erano gelosi, oppure semplicemente aggressivi, e lei li affrontava per difendermi e per proteggermi. Il problema è che quando le femmine sono in calore, i maschi diventano possessivi…e allora bisogna usare un trucco che mi ha insegnato il mio maestro, era un tedesco: bisogna toccare l’urina della femmina e strofinare le mani sugli abiti prima di avvicinarsi a loro, così il leone ti annusa e non ti considera un intruso”. Nato e cresciuto insieme agli animali del circo, Nando Orfei abbandonò la prima attività di giocoliere per dedicarsi al più pericoloso impiego come domatore: “a ventidue anni ero il vice di mio zio Orlando nella gabbia dei leoni, anche otto tutti assieme, e mi piaceva moltissimo, nessuna paura. Quando entravo nella gabbia e le belve si muovevano obbedendo ai miei ordini mi sentivo il signore dell’universo…poi a trent’anni iniziai a lavorare anche con i cavalli…ricordo che una volta avevo in gabbia contemporaneamente due orsi bianchi, due orsi neri, due cani danesi, due leoni e due tigri…e un’altra volta un gruppo di nove tigri reali del Bengala insieme a tanti altri animali”[…] Il suo debutto risale al 1957 a Milano al Vigorelli.
Prima delle celebri produzioni della cosiddetta “trilogia” – Circorama, Circo delle mille e una notte e Circo delle Amazzoni, la carriera di Nando come direttore prese avvio insieme alla sorella Liana, con la quale dirigeva un circo che portava i loro nomi.
Solo dal 1968 troveremo anche il nome di Rinaldo nella produzione denominata Circo a 3 piste. La ricostituzione del trio, come ricorda una cronaca del La stampa del 4 settembre 1968, avvenne dopo due anni, duranti i quali il circo si esibì anche all’estero. Sappiamo infatti che nel settembre 1966 il circo di Liana Orfei esordì a Zagabria in luglio e il mese successivo a Belgrado, per completare la tournée con spettacoli a Novi Sad, Subotica, Maribor. Il complesso si presentò con una notevole attrezzatura, ben superiore ai modesti circhi «di Stato» a cui era abituato il pubblico jugoslavo, decretandone così un vivo successo, con il pubblico che faceva la coda, per prenotarsi, già di buon mattino. Da informazioni fornite da Paride Orfei, figlio di Nando, il nome del complesso che circuitava in Jugoslavia era Barum.
Uno spettacolo, quello del Circo a 3 piste, che fu anticipatore delle novità introdotte pochi anni dopo, a partire dal Circorama, con magnifici costumi, scenografie e attrazioni, come il duo di ballerini acrobatici fatti arrivare da Las Vegas, Archie e Diana Bennet, che portarono in pista un numero eccezionale e inconsueto.
Nel 1970 i fratelli (Liana, Nando e Rinaldo) Orfei debuttarono con un nuovo spettacolo, il Circorama. Si trattava di una produzione che venne realizzata ispirandosi al mondo del cinema, infatti i vari numeri dello show furono associati a dei brevi video/documentari proiettati su di un grande monitor in cinemascope.
Ad esempio la visione dell’Etna che erutta faceva da sfondo all’esibizione degli uomini d’oro, nelle loro pose di forza, mentre durante l’esibizione dei coccodrilli, gli spettatori potevano ammirare una proiezione del fiume Nilo. La nuova produzione metteva in campo una serie di innovazioni anche dal punto di vista tecnico e di allestimento, come una serie di altoparlanti dai quali uscivano suoni e musiche, posizionati sotto le gradinate, per dare agli spettatori un’esperienza immersiva. Inoltre acquistarono una nuova tensostruttura che prevedeva l’installazione di sei antenne portanti, sotto cui venivano montate le tre ampie piste. Il programma, come sempre era vario e di
qualità, a partire dai fratelli Nando e Rinaldo che si esibivano sulla pista come addestratori di cavalli, mentre a Liana era riservata la regia dello spettacolo e il benvenuto iniziale al pubblico. Di particolare interesse erano le esibizioni dei Ferkos, acrobati e saltatori e quella dei Bennet, coppia americana di contorsionisti e ballerini.
Dopo il Circorama, i fratelli Orfei idearono una nuova produzione, la seconda di quella
che sarà conosciuta come la "trilogia degli Orfei", Il Circo delle Mille e una Notte.
Anche in questo caso Liana, Nando e Rinaldo non badarono a spese, chiamando Gino Landi per la regia e Danilo Donati per la realizzazione dei costumi, mettendo insieme uno show che portava il circo ad un altissimo livello spettacolare. Le esibizioni si sarebbero svolte nelle tre piste a disposizione, una centrale di 16 m e due laterali di 12 m. Il titolo scelto non si riferiva tanto alla rappresentazione delle famose favole sulla scena, quanto piuttosto allo sfarzo e alle atmosfere fiabesche che i fratelli Orfei avevano voluto ricreare. I fondali, come nella produzione precedente, venivano proiettati sullo sfondo, per creare scenografie sempre diverse ai numerosi artisti, alcuni dei quali di fama mondiale. Apprezzato dal pubblico era il cavallerizzo Taras Bulba, che si esibiva in pericolosi volteggi sopra la groppa dei suoi destrieri, e la troupe degli Yartz, gli uomini volanti, che erano tra i più noti dell’epoca. Tra i clown, Amleto Cagna, idolo dei bambini, che le cronache descrivono come ometto minuto dal facile sorriso.
Il Circo delle Amazzoni è stata l’ultima produzione che i tre fratelli Orfei diressero in società, quella che chiuse la “trilogia” di successi. Il titolo dello spettacolo fa riferimento al fatto che sulla pista si esibissero soltanto donne, ben settantacinque, le quali sostituirono gli uomini anche in quelle discipline solitamente più prettamente maschili. Rinaldo Orfei cedette il posto a Vesna Orfei nella direzione del gruppo di elefanti, mentre Nando passò la frusta alla moglie Anita che entrò temeraria nella gabbia delle tigri. Ambra Orfei si esibiva nel suo famoso numero di colombe, mentre Liana compariva sulla pista circondata dalle Rolling Stars, una troupe di artiste ungheresi che si esibivano sui globi. Cristina, la figlia di Liana dirigeva il gruppo di cavalli in libertà. Tra le altre artiste c’erano anche le pertichiste Stauberti dalla Germania e una troupe di volanti proveniente dal Messico, le Kimenez.
Nel settembre del 1977, avvenne la scissione tra i tre fratelli Orfei, da una parte Nando con la moglie Anita e i figli inaugurano una nuova stagione del Circo delle Amazzoni, mentre dall’altra Liana e Rinaldo rimasero in società debuttando con il Circorama.
La divisione avvenne in totale accordo e senza rancori di alcun genere, principalmente per necessità interne alla famiglia di proseguire su progetti diversificati, dopo sedici anni di proficua unione. Il debutto del nuovo circo di Nando Orfei si tenne a Legnago, nel veronese, il 10 giugno 1977.
Nell’anno 1989, il circo di Nando Orfei portò sulla pista una nuova produzione circense, che si distingueva per lo spazio che sulla scena veniva lasciato alla nuova generazione di Orfei rappresentata dai suoi figli, ovvero Paride, Ambra e Gioia, ai quali era affidata la regia. Lo show traeva spunto dal mondo delle favole, infatti vi prendevano parte personaggi come la Fata Turchina e il Cappellaio Matto, oltre che una serie di altre figure fantasiose arricchite da costumi stravaganti e luci colorate. Ambra Orfei presentava il suo famoso numero con le colombe, ed entrava in pista in sella ad un cavallo bianco mascherato da unicorno, mentre Paride dirigeva gli elefanti e il numero degli animali esotici. Gioia si esibiva in un numero di antipodismo nel quale impersonava una marionetta che prendeva vita grazie all’intervento di una fata. L’obiettivo dello spettacolo era quello di proporre un qualcosa di diverso dalle solite produzioni circensi, per incentivare il pubblico a tornare al circo, incuriosendolo con le svariate novità.
Il progetto dell’Antico Circo Orfei, nacque dalla mente del regista legnaghese Antonio Giarola nel 1985, quando il circo di Nando Orfei si trovò a circuitare per la città della Bassa Veronese. L’idea era stata sviluppata sull’evoluzione dello spettacolo Clown’s Circus, che Giarola aveva diretto e prodotto insieme a Giancarlo Cavedo nell’anno precedente; si trattava di uno spettacolo di circo detto “all’antica”, ma che in realtà proponeva innovazioni registiche e tecnologiche molto avanzate per l’epoca. Il progetto piacque a Nando Orfei, ma i tempi non erano ancora maturi per la sua messa a punto. L’occasione si presentò quasi 10 anni più tardi, nel 1994, quando il regista invitò Ambra Orfei a presentare, insieme a Louis Knie Jr., il 3° Festival Internazionale del Circo - Città di Verona, durante il quale si posero le basi per la realizzazione di uno spettacolo firmato con la co-regia della secondogenita di Nandino. Lo spettacolo sarebbe stato dedicato a Federico Fellini, amico di famiglia degli Orfei, e primo regista cinematografico ad aver dato una visione personale e romantica del mondo della pista, che ancora oggi è forte nell’immaginario comune. Vennero scelti gli artisti in linea con il progetto, alcuni dei quali si erano esibiti anni prima per lo spettacolo Clown’s Circus, e i costumi vennero realizzati da Anita Gambarutti. Nando Orfei avrebbe chiuso lo spettacolo intonando con la sua tromba la celebre aria di Nino Rota, in omaggio alla scena di chiusura del docu-film I clown di Federico Fellini.