Centro Documentazione Arti Circensi

Le donne nel circo - specialità

Le cinque sorelle Parrel
Le cinque sorelle Parrel

Il focus qui presentato si inserisce nel più ampio progetto espositivo che il CEDAC ha curato nell’ambito del Festival circense del Salieri Circus Award. Si tratta per lo più di fotografie successivamente distribuite in formato cartolina di artiste ad oggi poco note, ma che di sicuro hanno segnato, ciascuna per la propria disciplina, la loro epoca.

Cavallerizze, acrobate al trapezio, sulla bicicletta o al filo, contorsioniste, domatrici e fenomeni, donne che le cronache o i programmi hanno dimenticato molto spesso di citare, ma che hanno rappresentato una parte imprescindibile dello spettacolo circense grazie, soprattutto, alla loro multidisciplinarità. Nonostante questo buio storico, escluse alcune eccezioni, possiamo identificare note famiglie circensi italiane operanti sia in piccoli circhi di famiglia come Gerardi, Folco, Bogino, Cavedo, Casartelli, sia in più strutturate compagnie equestri e circensi, come Bellucci, Orfei e Krone.

Il commento viene lasciato alle parole di critici, appassionati e giornalisti che negli anni hanno scritto numerosi articoli sulle riviste di settore come Circo.

Il ruolo della donna è dapprincipio, intendendo il periodo della decodifica del circo intorno al 1770, limitato a quello istituzionale di moglie e madre di famiglia, a partire dai primi decenni dell’Ottocento, la figura della donna si lega a stereotipi artistici fra i quali emerge quello della ballerina a cavallo, sola o con il partner, quando si esibisce

in un passo a due. Si possono identificare due diverse tipologie di formazione: le figlie d’arte, come Angelica Chiarini, Elvira Guerra e Therese Renz, o le “mondane”, donne dotate di particolare fascino che entrano in pista per mettersi in vista nella bella società. Nei primi decenni del Novecento cominciano ad affermarsi nelle piste e nei teatri di varietà di tutto il mondo, donne che emergono più propriamente per i meriti artistici. Torna in auge l’acrobazia equestre con artiste non più solo dotate di grande fascino ma anche di tecnica eccelsa, come nel caso dell’australiana May Wirth. Più tardi sarà la figlia d’arte italiana Cipriana Folco a riportare brevemente in auge la figura romantica della ballerina a cavallo, recita nel film Trapezio e si esibisce negli ultimi circhi stabili parigini.


Da Alessandro Serena, La contorsionista

nella valigia, Leggendaria, 2012.

La cavallerizza Cipriana Folco
La cavallerizza Cipriana Folco

La prima “regina delle belve” fu madame Leprice che verso il 1840 possedeva un

piccolo serraglio; ma è nel 1854 che Pauline Borelly dà spettacolo al Cirque Napoléon

in mezzo a leoni, leonesse, iene e orsi. L’elenco delle donne domatrici è lunghissimo, ricco di nomi e di episodi. Grande popolarità godeva la bella Nouma Hawa, che ebbe molta gloria, molti mariti e molte ferite.

Madame Ida Krone, verso il 1910, presentava un numero con ben venti leoni nella pista del circo di suo marito Charles. Morì l’8 aprile di una crisi cardiaca, lasciando il ricordo di una grande domatrice e di una saggia organizzatrice che fu la migliore aiutante del marito, morto nel 1943. 


Da Le donne domatrici di belve, Circo n.5, 1994.

Da H. Thétard, Dompteuses de la Belle époque,

Le cirque dans l’Univers, 1957.

Si può dire che la moderna bicicletta viene da lontano, ma fin dai suoi primordi se n’è appropriato il circo, come è sempre stato solito fare per le novità nel campo del progresso, presentandola in chiave acrobatica e talvolta comico-grottesca. 

Le acrobazie ciclistiche, si sono succedute innumerevoli e sono stati parecchi gli artisti che hanno dato libero sfogo al loro ardire e alla loro fantasia. Secondo lo Zucca: “Gli Ancillotti, sono i primi ciclisti del mondo, i primi che riscossero sterminati applausi con i loro esercizi [...]”, nel Cirque Variètes Ancillotti-Plège, agiva anche una troupe di cicliste tutta al femminile: Le 4 Soeurs Italia. Il numero si intitolava “Italia, la sua cameriera e i suoi garzoni”, era una combinazione tra acrobazie sulle grandi bici con i giochi icariani. Un esercizio era quello della colonna di tre persone con la porteuse che pedalava sul suo antico ciclo.  

Altra famosa artista della bicicletta è stata Mademoiselle Adela Franzini (o Adele Francischi), “campionessa delle donne cicliste”, che come annunciava un manifesto dell’epoca (1874 ca.), montava un biciclo della ditta Goy di Londra. Nel 1922 lo storico Gustave Fréjaville scriveva che “Abitualmente il genere viene riservato alle ragazze, la cui gentilezza, resa appariscente dai costumi di giovanile fantasia, basta a conquistare

la simpatia del pubblico”. Aggiungeva però che anche “queste graziose figurettine  avevano dovuto sottoporsi al lungo e snervante allenamento che viene richiesto a tutti i discepoli dell’acrobazia”. Non si doveva quindi considerare facile il loro lavoro anche se si vedevano girare e volteggiare con tanta apparente disinvoltura.


Da D. Denis, Quando la bicicletta era un bolide,

Circo n.10, 1995.

Italia e le sue sorelle
Italia e le sue sorelle

Gli spettacoli di contorsionisti ci giungono dall’antichità attraverso le fiere del Medioevo e del Rinascimento. Questo genere di acrobazia, praticata sui palchi dei saltimbanchi e nelle piazze dei villaggi, non sempre raggiunse livelli esteticamente apprezzabili, a causa della tendenza ad offrire una semplice esibizione

di scioltezza. Durante le fiere si poteva assistere a numeri di “slogati”, di “disossati”, di

“uomini caucciù”, di “uomini serpente” in calzamaglia verde, lucida, un po’ ripugnante. Poi comparvero anche gli uomini rana.

Verso la fine dell’Ottocento, le cronache mostrano che il contorsionismo diventa una delle attrazioni fisse nei programmi degli spettacoli circensi, e che, se inizialmente si presentava come una disciplina prettamente maschile, in seguito verrà indissolubilmente associata all’eleganza femminile. Forme di documentazione come le foto-cartoline, ci testimoniano come, anche se meno acclamate rispetto agli uomini, anche le donne erano solite eseguire queste tipologie di numeri. 


Da M.J. Renevey, Il circo e il suo mondo,

Laterza, Bari, 1985.

Antonietta Carminati
Antonietta Carminati

Verso la metà del XIX secolo si impose in America il predominio del circo sulle baracche dei fenomeni e sui serragli. “Gente strana o di strane capacità” cominciò ad associarsi ai circhi, esibendosi sotto una tenda accanto allo chapiteau: era nato il “side-show”, cioè “lo spettacolo annesso”, che presentava lillipuziani, giganti, donne elefante, donne barbute, donne senza braccia, albini ecc.

Una delle modalità per attirare l’attenzione e fare pubblicità, erano i matrimoni tra i fenomeni. “Una coppia eccezionale: l’uomo gigante ha sposato la donna cannone”,

titola un’edizione dell’Illustrazione del popolo del 1931. Queste unioni erano spesso tra

due freaks con caratteristiche opposte, proprio per creare una visione comica della loro futura vita matrimoniale.


Da M.J. Renevey, Fenomeni e serragli quando

nel circo erano “side-show”, Circo n.7, 1991.

Nella prima metà dell’Ottocento, mentre il circo diventava sempre più popolare, tutti gli artisti cercavano nuove modalità per presentare gli antichi numeri. Il funambolismo diede origine alla “corda volante” e dalla sostituzione della corda con una barra trattenuta da due cavi sottili, nacque il trapezio, subito accolto con molto favore.

Sugli inizi dell’uso del trapezio negli spettacoli circensi, Cervellati ci informa che: cominciò dopo il 1870 e ne esistevano uno più leggero per gli artisti definiti “volanti” ed uno più pesante. Su quest’ultimo, che consentiva movimenti sempre piuttosto statici, fisso o mobile che fosse, erano principalmente le donne ad esibirsi. Molte artiste, con il tempo, iniziarono a specializzarsi in questa disciplina, proponendo esercizi sempre diversi e sempre più difficili, a volte anche

in coppia. Le cronache veronesi ricordano la piccola Lauretta Sabatini: “Forza e

resistenza sono pure pregi notevolissimi di questa Miss Lauretta – chiamata a buon diritto la figlia dell’aria - e iersera ne diede specialmente prova, dondolando penzoloni e per parecchi minuti il suo corpicino, sol trattenuto al trapezio per l’unica forza del collo”.